Cipresso

Coltivo questo bonsai di cipresso dal 2000, anno in cui l’ ho acquistato da un raccoglitore della mia zona. Mi ha colpito fin da subito la stretta curva alla base, vera caratteristica di questa pianta. Inoltre la forte vigoria della vegetazione e la coltivazione in una cassetta faceva pensare a una abbondante presenza di radici. È mia abitudine, coltivare almeno un anno ogni nuovo materiale prima di qualunque lavorazione. Infatti nel maggio del 2001 procedo alla prima impostazione. Lo stretto angolo della base mi ha fatto pensare subito a uno stile a cascata. In effetti, posizionando la cassetta in verticale, appare subito il movimento discendente e morbido del tronco. Sul ramo in basso viene fatta una importante sostituzione d’apice. Il ramo grosso e cilindrico da eliminare non viene potato, ma bensì strappato al fine di creare uno shari sul tronco principale. Il primo ramo viene quindi creato con un ramo secondario accuratamente rafiato e piegato in modo da dare movimento e continuità all’insieme. In questa prima lavorazione non mi curo molto della posizione della vegetazione, ma pongo l’attenzione soprattutto a una corretta disposizione della ramificazione primaria e secondaria. A settembre del 2002 la vegetazione è abbondante e vigorosa, ed è giunto il momento della seconda impostazione. La prima cosa che faccio è l’eliminazione della vegetazione in alto; in questo modo è possibile evidenziare ancor più la partenza del tronco e conferire maggiore dinamicità alla cascata. La filatura e l’impostazione dei rami concludono il lavoro. La pianta, seppure in una cassetta, viene coltivata con la giusta angolazione. Con un getto di acqua elimino progressivamente la terra al di sopra del nebari in modo da indebolire le radici in alto. Così facendo la pianta, senza subire stress eccessivi, abbandonerà queste radici rafforzando quelle poste in basso che, oltretutto, godono di maggiore umidità. Nel 2003 ho ormai eliminato tutta la terra in eccesso. La vegetazione risulta fitta e vigorosa. Per ottenerla è sufficiente far vegetare liberamente il cipresso durante tutta la stagione primaverile e successivamente accorciare le cacciate lasciando solo due ciuffetti di vegetazione: si opera, in pratica, come con le latifoglie. Evito la continua pizzicatura con le dita perché il cipresso risponde con minor vigoria. la pinzatura infatti, deve essere fatta solo in uno stato avanzato di coltivazione e soprattutto dovrà essere fatta con regolarità nella stagione vegetativa. Il cipresso è una pianta molto vigorosa ma reagisce meglio alle lavorazioni se queste sono eseguite con continuità. L’eliminazione delle radici indesiderate o la pinzatura sono operazioni che è consigliato eseguire diluendole durante tutto l’arco dell’anno. In questo modo lo stress subito dalla pianta sarà irrilevante e in definitiva la risposta vegetativa risulterà migliore.   Nel 2004 procedo al primo rinvaso. È consigliato fare questa operazione in tarda primavera quando ormai è scongiurato il periodo di gelate, usando un terriccio composto soprattutto di pomice, lapillo e una piccola percentuale di terriccio. In questo caso c’è ancora bisogno di qualche anno di coltivazione in modo da far lignificare sufficientemente tutta la ramificazione e per questo motivo verrà usato un vaso nero da coltivazione. Durante il rinvaso viene ripulita la zona di tronco ancora interrata in prossimità del nebari e scopro mio malgrado che la base è dritta e cilindrica. Purtroppo all’estremità del tronco ci sono numerose radici attive. D’ora in avanti poto queste radici a intervalli regolari dando la possibilità alla pianta di rafforzare le radici in prossimità della base. Nel 2005 il tronco cilindrico è ormai senza radici e quindi posso procedere alla sua riduzione e con un seghetto accorcio la parte di legno che andrò successivamente a lavorare con attrezzi manuali. Nella stessa occasione effettuo la terza impostazione. Ormai la ramificazione fino al terzo ordine è completamente significata e la filatura avviene infatti con fili di piccolo spessore. D’ora in poi diventa importante la gestione degli spazi vuoti creati tra i vari palchi. Alla fine il lavoro è soddisfacente. Nella primavera del 2006 effettuo il rinvaso: in questa occasione scelgo un vaso molto alto e stretto, con i bordi lisci. La base molto stretta non permette l’equilibrio del bonsai e sono infatti costretto ad appesantire il vaso con del piombo…. a questo scopo ho usato le scatoline delle pellicole fotografiche: queste, riempite di pallini di piombo e protette con del nastro isolante, sono ottime zavorre da porre in fondo al vaso insieme allo stato di drenaggio. A ottobre del 2006, dopo la sfoltitura della vegetazione, il bonsai viene esposto alla mostra sosaku di Roma. In quell’occasione il maestro K. Kobayashi oltre ad apprezzare il lavoro sul cipresso, è rimasto molto incuriosito e affascinato da questa essenza tipica italiana. Il vaso utilizzato però non mi soddisfa.. questo è troppo lungo e cilindrico e non si sposa bene con il movimento sinuoso della cascata. Inoltre l’altezza del bonsai è praticamente identica a quella del vaso. Decido quindi, nel 2008, di rinvasare nuovamente il cipresso in un vaso completamente diverso. La scelta ricade su un vaso proveniente dalla repubblica ceca, quadrato e con colore e superficie irregolare. Il miglioramento è immediato. La pianta appare più dinamica e proporzionata con il vaso attuale. Risulta migliorato anche il senso di stabilità. A settembre 2008 la vegetazione risulta troppo pesante per questo bonsai e dopo un’ abbondante potatura della nuova vegetazione, effettuo la quarta legatura per aprire ancora di più la vegetazione e gestire nel migliore dei modi le spaziature dei palchi. L’operazione viene eseguita quasi esclusivamente sulle parti terminali dei rami e con l’utilizzo di fili di diametro di 0,8 e 1 mm. Dopo l’ultima potatura la pianta ha vegetato ancora prima del riposo invernale. La pianta, a febbraio del 2009  presenta già sui ciuffi molte punte scure e gonfie che fanno presagire una forte risposta vegetativa nell’imminente primavera. Molto spesso si possono notare delle tracce biancastre sulle scaglie erroneamente scambiate per cocciniglia. In realtà è una sostanza resinosa derivante dal normale accrescimento vegetativo. In futuro mi aspetta una ulteriore definizione degli shari (soprattutto sulla base) e una coltivazione mirata alla creazione di una vegetazione corta e densa…. tipica di quegli esemplari che crescono…. sul ciglio di un dirupo.