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Mar 14
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Juniperus Chinensis “Muscolino”

Il ginepro “Muscolino”. 

Storia di un Juniperus formosana innestato con Juniperus chinensis var.Itoigawa.

La storia di questo ginepro formosana, comunemente conosciuto come “taiwanese”, inizia nel 2006 quando è entrato a far parte della mia collezione.

 

La pianta si presenta con una ottima vegetazione, verde e vigorosa. La caratteristica che però colpì la mia attenzione fin da subito, fu la parte secca e in particolare la lunga appendice legnosa sulla destra che si avvita a spirale.

Purtroppo il legno si presenta con evidenti segni di decomposizione. Molte delle fibre legnose risultano spugnose e senza consistenza. Anche con l’utilizzo di resine per il suo consolidamento, sarebbe rimasto un legno con un aspetto poroso che avrebbe dato una sensazione di un legno temporaneo e non durevole. Non resta che armarsi di pazienza e procedere alla sua pulizia. Come sempre preferisco usare attrezzi manuali evitando quindi frese e attrezzi elettrici. Con sgorbie e scalpelli viene rimosso tutto il legno debole fino a ritrovare una fibra legnosa consistente e compatta. È importante lavorare sempre muovendo gli utensili nella stessa direzione delle fibre in modi da rispettare ed evidenziare il naturale movimento del legno.

Nella lavorazione del secco dobbiamo sempre puntare a non ottenere un lavoro artificiale.

 

Arrivato l’inverno del 2006, procedo alla prima lavorazione.

Dalle immagini si nota che la vegetazione cresce lontana dal tronco, alla sommità di un ramo di discrete dimensioni che senza movimento si stende verso sinistra. 

Cerchiato in rosso nella foto si nota la rigidità di questo tratto. Ricercando il modo di avvicinare la chioma al tronco, appare evidente che la soluzione va cercata nella piega di questo ramo.

Come sappiamo ogni ramo offre una resistenza alla piega. Rami giovani e fini si piegano facilmente mentre rami molto vecchi risultano decisamente più difficili da modificare. 

In questo caso, l’eliminazione totale del legno secco del ramo, porterebbe a una riduzione della sua resistenza e alla possibilità di piegarlo più facilmente.

Se questo alleggerimento non fosse sufficiente potremo svuotare ulteriormente il ramo fino a raggiungere una sufficiente capacità di “manovra”! In questi casi diventa importante eliminare il materiale in eccesso in modo da rendere uniforme l’elasticità del ramo. Se togliessimo troppo legno in un punto, quando andremo a piegare, sarà in quel punto (un punto debole quindi) che si concentrerà la piega (aumentando i rischi della stessa).

Il ramo svuotato verrà successivamente riempito con rafia e fili di rame. Successivamente sarà rafiato e ulteriormente protetto con camera d’aria. Con l’applicazione del filo metallico si conclude la fase preparatoria per la piega principale.

 

Nella fase della piegatura è importante e utile cercare di ruotare il ramo mentre si opera. Nel farlo è importante ruotare nella stessa direzione con cui abbiamo applicato la rafia, la camera d’aria e il filo. Cosi’ facendo, più pieghiamo e ruotiamo, più le protezioni si stringeranno intorno al ramo offrendo maggiore protezione contro eventuali danni o rotture.

In questo caso la piega è stata di circa 90 gradi.

 

Nel settembre del 2008 in occasione della mostra Giareda a Reggio Emilia, procedo alla seconda lavoraziore.

Non sono previste pieghe importanti anche se dovrò compattare molto la ramificazione per stringere la chioma sul tronco.

Ecco il prime e dopo di questa lavorazione 

 

A marzo del 2009 eseguo il primo rinvaso.

Viene ripulito accuratamente il pane radicale eliminando con un bastoncino gran parte del terreno argilloso esistente. È un lavoro lento e delicato che concludo con l’uso di un getto d’acqua per il lavaggio di radici.

Il terriccio usato è una miscela composta da pomice, akadama e kiriu. 

Prima di togliere il vecchio vaso provvedo sempre a segnare con precisione il fronte usando dei bastoncini di legno o rame. Saranno molto utili in seguito per centrare accuratamente il fronte e l’inclinazione della pianta. 

 

Il ginepro alcuni mesi dopo il rinvaso.

 

Intanto con il passare del tempo il legno risanato si asciuga e invecchia. Le nuove fratture del legno mettono in evidenza il suo movimento, la sua rotazione. Ecco che, in questo caso, appare evidente l’importanza di aver lavorato il legno seguendone fibre e andamento.

 

Purtroppo la coltivazione del ginepro taiwanese prevede non poche problematiche. La più conosciuta è sicuramente la difficoltà di mantenimento della vegetazione a scaglie, che con molta facilità vira ad ago. Questa difficoltà è particolarmente evidente quando abbiamo a che fare con piante di ridotte dimensioni.

Questo comporta una “cronica” impossibilità a ottenere una chioma definita e duratura.

La vegetazione ad aghi, per la propria struttura, difficilmente potrà inoltre dare la sensazione di morbidezza della chioma che ricerchiamo nei ginepri.

 

E’ in questa ottica che nel 2014 decido di procedere all’innesto dei rami. Per il cambio di abito scelgo il juniperus chinensis var.Itoigawa che ha caratteristiche note a tutti.

Con l’utilizzo di quattro piante cerco di realizzare più innesti possibili. 

L’innesto per approssimazione può essere eseguito quasi sempre ma è indubbio che il periodo migliore resta la primavera.

 

Con il tempo i rami dei due ginepri si saldano. È il primo passo per il successo.

Una volta attecchiti dovremo separare i rami di itoigawa dalla pianta originaria.

Per agevolare questo passaggio comincio a indebolirne l’attaccatura stringendo un filo intorno al ramo fino a “strozzarlo” definitivamente. 

Man mano che la nuova vegetazione cresce, rimuovo via via le parti ancora esistenti del ginepro taiwanese. In questo modo il cambio di abito è graduale e non traumatico.

 

Una volta eliminata completamente la vegetazione del taiwanese di procede anche al taglio e alla separazione definitiva dell’itoigawa.

 

A questo punto (siamo nel 2016) non resta che far crescere il ginepro per aumentare vigore e volume della vegetazione

A tale scopo coltivo la pianta in un vaso molto ampio dover poterlo far crescere più velocemente.

 

Nel 2018 la pianta ritorna in vaso bonsai. Da ora in poi l’obiettivo sarà quello di infoltire e suddividere la ramificazione. Si lavorerà di forbice accorciando i rami e sostituendo gli apici. Quello che si fa sulle latifoglie si fa normalmente anche sulle conifere!

 

Con il 2019 arriva il momento della prima modellatura dopo l’innesto della nuova vegetazione.

Con l’uso di tiranti e del filo procedo ad aprire la ramificazione. Non mi interessa creare una silhouette precisa e dettagliata. Per questa volta mi basta ritrovare la forma e la dimensione della chioma, permettendo il passaggio di aria e luce al suo interno. 

Ecco il prima/dopo la lavorazione

 

Il 2020 è il momento giusto per la seconda lavorazione. Una volta stabilizzate le aperture della lavorazione precedente e infoltita la chioma sarà questa l’occasione di dare una linea definitiva e dettagliata a questo ginepro 

Eccolo dopo la modellatura

 

Finalmente il bonsai si presenta con una chioma dettagliata e proporzionata al tronco. 

Dall’analisi del lavoro emerge una rifinitura e un alleggerimento ulteriore del legno secco. I miglioramenti sono dettati volta volta dalle indicazioni suggerite direttamente dalla pianta: nuove crepe nel legno sono, per esempio, indicazioni importanti sull’evoluzione naturale che avrebbe nel futuro quel determinato legno. A noi sta il compito, con la nostra lavorazione, di far fare a quel legno un invecchiamento che altrimenti necessiterebbe di decenni. 

La chioma invece tende a spingere leggermente verso la sinistra, compensando otticamente la forte presenza del legno secco sulla destra. Il primo ramo si stacca decisamente dalla chioma sovrastante mentre la parte destra, più corta e compatta, accarezza e incornicia il tronco e il legno secco. Una vegetazione che contribuisce non poco alla profondità della chioma.

Infine l’apice, lievemente arrotondato chiude la pianta insieme ai due  piccoli tenjin. 

Nella stesura dei rami diventa importante la pulizia dei profili dei palchi in modo da disegnare accuratamente non solo la chioma ma anche le spaziature presenti.

La pianta vista dal retro

 

 

 

 

Lato destro e sinistro

 

E infine il nome: Muscolino!

Quel tronco piegato con un angolo acuto sembra proprio un braccio di un uomo che fa mostra dei suoi piccoli e tonici muscoli! 💪

 

Alcuni dettagli del bonsai

 

E alla fine c’è la foto di gruppo!!

 

il video della lavorazione

 

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